La mia voce è una mezza condanna
Allora, cosa dire di me? Quarant'anni portati malissimo, una crisi esistenziale in corso da almeno tre anni e una tendenza preoccupante a fantasticare di scappare in posti che probabilmente esistono solo nella mia testa.
Fisicamente non mi posso lamentare. Ho una di quelle voci che la gente ricorda. Non so bene perché, ma è sempre stato così. Da bambina i miei amici mi facevano sempre parlare al telefono quando dovevano inventare scuse con i genitori. All'università leggevo i messaggi in segreteria per l'associazione studentesca. Roba che ti viene naturale, senza che te ne accorgi.
Per un po' questa voce è stata il mio lavoro. Speaker radiofonica per quattro anni, una di quelle radio locali dove passi i pomeriggi a chiacchierare del nulla con gli ascoltatori. "Ciao Anna, come va?" "Tutto bene, Marta, oggi è una giornata grigia ma la tua voce mi rallegra." Ecco, roba così. Mi piaceva, devo ammetterlo. Quella intimità fasulla ma rassicurante che si crea con sconosciuti che non vedrai mai.
Il problema è che una voce così non si spegne mai. Nemmeno quando vorresti. Nemmeno quando la notte diventa lunga e qualcuno la cerca per motivi che preferisco non approfondire. Diciamo che ho scoperto che certe risorse possono diventare... versatili. In modi che non avrei mai immaginato.
Ma non parliamo di quello. Parliamo del fatto che sono una che si annoia facilmente. Che ha cambiato lavoro cinque volte negli ultimi otto anni. Che ha iniziato corsi di yoga, ceramica, scrittura creativa e li ha mollati tutti dopo tre lezioni. Che ha una collezione di hobby abbandonati più vasta della mia lista di ex.
Ah sì, gli ex. Una serie di disastri più o meno pittoreschi. C'è stato quello che collezionava fumetti e pensava che Spider-Man fosse un documentario. Quello che mi portava sempre nei ristoranti etnici perché "bisogna aprire la mente" ma poi ordinava sempre spaghetti al pomodoro. E naturalmente quello sposato che "stava per lasciare la moglie" da tre anni. Scelte di vita eccellenti, davvero.
Adesso vivo da sola in un bilocale che sembra uscito da una rivista di arredamento, se quella rivista si chiamasse "Casa & Depressione". Tutto perfettamente organizzato, tutto al suo posto, tutto tremendamente vuoto. Ho perfino comprato delle piante grasse perché "non hanno bisogno di cure". Indovinate un po'? Sono riuscita ad ammazzare anche quelle.
La cosa divertente è che tutti pensano che abbia le idee chiare. Quella voce, probabilmente. Ti dà un'aria sicura anche quando stai crollando. La gente viene da me per consigli, come se fossi una specie di guru della vita. Se sapessero che l'altro ieri ho pianto guardando un documentario sui pinguini...
Mi definisco una romantica incallita travestita da cinica. Continuo a credere che da qualche parte ci sia un posto perfetto per me, una vita perfetta che mi aspetta. Poi mi guardo intorno e penso che forse quello che mi aspetta davvero è un'altra serata davanti a Netflix con una bottiglia di vino e la certezza che domani sarà uguale a oggi.
Ma ehi, almeno ho una bella voce. E a quarant'anni, diciamolo, non è poco.