Pensieri e legumi
Mi hanno sempre chiesto cosa mi piace fare nel tempo libero e io rispondevo sempre delle cazzate. Yoga, aperitivi, mostre d'arte. Tutte balle per sembrare interessante. La verità è che le cose che mi fanno stare bene davvero sono tre, e probabilmente vi sembreranno noiose da morire.
Camminare nei boschi. Ma non quelli turistici con i cartelli ogni due metri. Parlo di quelli veri, dove se sbagli sentiero ti ritrovi a girare in tondo per un'ora bestemmiando come un camionista. L'ho scoperto per sbaglio due anni fa, quando ero incazzata nera con tutto il mondo e avevo bisogno di spaccare qualcosa senza finire in galera.
Il bello è che nel bosco puoi essere una merda di persona e agli alberi non frega niente. Puoi piangere, urlare, dire tutte le cose che pensi ma non diresti mai. L'altro giorno ho passato mezz'ora a insultare un faggio perché mi ricordava il mio ex. Il faggio non ha risposto, ovviamente. Meglio di tanti esseri umani che conosco.
Poi c'è il cibo d'inverno. Non roba fancy, eh. Quella minestra di ceci che faccio quando piove e la casa sembra una grotta. Ci metto dentro tutto quello che trovo nel frigo, anche gli avanzi di tre giorni fa. Viene sempre buona, non so perché. Forse perché quando cucini senza pressione, senza dover dimostrare niente a nessuno, le cose vengono meglio.
Sto lì a rimestare per ore, penso ai cazzi miei, ogni tanto assaggio e aggiungo sale. La cucina si scalda, sa di casa vera, non di quegli appartamenti da catalogo dove sembra che non ci viva nessuno. E quando mangio quella roba calda davanti alla tv mi sento... non so, normale. Una cosa che capita sempre meno spesso.
Ma la cosa che mi ha salvato il culo in questi anni sono stati i libri di psicologia. Non quelli del cazzo con "Come essere felici in 10 mosse" scritto in copertina. Quelli li brucerei volentieri. Parlo di roba seria, che ti fa male mentre la leggi perché capisci quanto sei fottuta.
Jung, per dire. Quel pazzo geniale che ti spiega perché sogni sempre gli stessi incubi. Lo leggo la sera con un bicchiere di rosso e penso "ecco perché sono così strana". Non è consolante, per carità. È peggio. Ma almeno capisci che c'è una logica dietro alla follia.
Alice Miller invece ti massacra. Ti spiega come i tuoi genitori ti hanno rovinata con una precisione che fa venire voglia di chiamarli e dirgli "grazie del trauma". Ma dopo che hai finito di odiare tutto il mondo, stai meglio. O forse no. Non lo so ancora.
Sono cose da sfigata, lo so. Non posso mica dire agli amici che sabato sera resto a casa a leggere di complessi edipici. Ma almeno sono cose mie, genuine, senza filtri Instagram o storytelling del cazzo. E a quarant'anni, se non puoi essere autentica almeno con te stessa, quando lo sarai mai?